Intervento di Susan Abulhawa, autrice di numerosi saggi sulla Palestina, alla Oxford Union, la più prestigiosa società di dibattito al mondo.
Se i palestinesi avessero passato gli ultimi 80 anni a rubare le case degli ebrei, cacciandoli, opprimendoli, imprigionandoli, avvelenandoli, uccidendoli, torturandoli e stuprandoli.
Se i palestinesi avessero ucciso circa 300.000 ebrei in un anno, preso di mira i loro giornalisti, pensatori, operatori sanitari, atleti, artisti.
Se i palestinesi mandassero in giro i loro figli a piedi nudi con le scodelle vuote, e gli facessero raccogliere i brandelli dei propri genitori in sacchetti di plastica, seppellire i propri fratelli, cugini, amici.
Se gli facessero desiderare di morire, solo per riunirsi alla propria famiglia e non dover rimanere soli in questo mondo terribile.
Se li terrorizzassero a tal punto che i loro figli perdono i capelli, perdono la memoria, perdono la ragione.
Se il mondo stesse guardando in diretta TV il sistematico annientamento degli ebrei in tempo reale, non ci sarebbe alcun dibattito fatto se si trattasse o meno di terrorismo o genocidio.
Non capirete mai la sacralità degli ulivi, che avete tagliato e bruciato per decenni solo per cattiveria, solo per spezzare i nostri cuori ancora un po’. Nessun indigeno di quella terra oserebbe mai fare queste cose agli alberi di ulivo. I miti e il folclore di quella terra vi saranno sempre sconosciuti…
Ciò che i vostri agenti immobiliari definiscono nelle loro costose inserzioni “il fascino delle antiche case arabe” conserveranno per sempre nelle loro pietre le storie e i ricordi dei nostri antenati che le hanno costruite. Gli antichi dipinti e le foto della terra non avranno mai spazio per voi, non consocerete mai i sentimenti delle masse in tutto il mondo che si riversano nelle strade e negli stadi per cantare e chiedere a gran voce la vostra libertà.
E non è perché siete ebrei, come volete far credere a tutti, ma perché siete colonizzatori violenti.
Pensate che la vostra ebraicità vi dia diritto alla casa che mio nonno e i suoi fratelli hanno costruito con le proprie mani su una terra che appartiene alla nostra famiglia da secoli. Potete cambiare i vostri nomi per sembrare più radicati nella regione, e potete fingere che i falafel, l’hummus e lo zaatar siano vostre antiche ricette, ma nei meandri del vostro essere sentirete sempre il morso di questa epica falsificazione.
Non ci cancellerete. Non importa quanti di noi ucciderete e ucciderete e ucciderete tutto il giorno e ogni giorno. Noi non siamo le pietre da cui Chaim Weizmann pensava di poter liberare la terra.
Noi siamo il suo stesso suolo. Noi siamo i suoi fiumi, i suoi alberi, le sue storie. Perché tutto questo è stato nutrito con in nostri corpi e le nostre vite nell’arco di millenni di continua ininterrotta esistenza su quel pezzettino di terra fra il fiume Giordano e le acque del Mediterraneo. Le leggendarie, tumultuose storie della terra fanno letteralmente parte del nostro DNA. Non potete cancellarle uccidendoci o attraverso la propaganda, non importa quale tecnologia di morte usiate.
Un giorno la vostra impunità e la vostra arroganza finiranno.
La Palestina sarà libera. E tornerà alla sua gloria multireligiosa, multietnica e pluralista. E voi ve ne andrete, o imparerete finalmente a convivere con gli altri come pari.
Grazie

Susan Abulhawa
Susan Abulhawa è nata da una famiglia palestinese in fuga dopo la Guerra dei Sei giorni e ha vissuto i suoi primi anni in un orfanotrofio di Gerusalemme. Adolescente, si è trasferita negli Stati Uniti, dove si è laureata in Scienze biomediche e ha avuto una brillante carriera nell’ambito della medicina. Autrice di numerosi saggi sulla Palestina, per cui è stata insignita nel 2003 del premio Edna Andrade, ha fondato l’associazione Playgrounds for Palestine, che si occupa dei bambini dei Territori occupati. I suoi articoli sono apparsi su numerose testate, tra le quali “The Huffington Post”, il “Chicago Tribune” e “The Christian Science Monitor”. Feltrinelli ha pubblicato Ogni mattina a Jenin (2011), il suo primo romanzo, Nel blu tra il cielo e il mare (2015) e Contro un mondo senza amore (2020). (da Feltinelli.it)