Il mondo sta assistendo, in tempo reale, alla dissoluzione di ogni pretesa di umanità, diritto internazionale e verità. Gaza non è più solo una tragedia umanitaria è il culmine di una lunga deriva che smaschera, senza più filtri, l’ipocrisia della comunità internazionale e il fallimento delle istituzioni nate per impedire genocidi e crimini di guerra. Il massacro in corso non è un effetto collaterale di una guerra ma un progetto.

Nessun alimento. Nessuna medicina. Nessun riparo. Acqua contaminata, ospedali rasi al suolo, scuole distrutte, convogli umanitari bloccati. L’obiettivo è chiaro: rendere Gaza inabitabile, riducendo la popolazione palestinese a un bivio impossibile tra la morte o la fuga forzata, senza ritorno. Israele non si nasconde più dietro il linguaggio della diplomazia: il ministro della Difesa lo ha detto apertamente, ammonendo i palestinesi che, se non cederanno alle richieste israeliane, li attende la “distruzione assoluta”.

Il tramonto delle bugie

Questa è la fase in cui crollano tutte le giustificazioni costruite nel tempo. Si dissolve la menzogna della soluzione a due Stati, ormai un cadavere politico da decenni. Cade la retorica di Israele come “l’unica democrazia del Medio Oriente”, quando i suoi leader apertamente minacciano deportazioni di massa e fame come strumenti di guerra. Si sgretola la narrazione di un esercito “moralmente superiore” che rispetta le leggi di guerra, mentre le immagini mostrano civili macellati sotto le macerie e bambini uccisi o scheletrici in attesa di un pezzo di pane.

A crollare, soprattutto, è il mito di un Occidente baluardo di giustizia e diritti umani. Stati Uniti ed Europa, che hanno costruito la loro identità sulla memoria dell’Olocausto e sul rifiuto dei crimini di guerra, oggi finanziano e armano un genocidio sotto gli occhi del mondo. Le loro dichiarazioni di “preoccupazione” sono vuote, i loro appelli alla “moderazione” ridicoli.

La politica dell’annientamento

Israele ha seguito un copione ben noto nei regimi coloniali: la riduzione graduale di un popolo a una non-esistenza politica ed economica, fino a trasformarne la distruzione in una questione di “sicurezza nazionale”. Come per gli indigeni d’America dopo il massacro di Little Bighorn, il destino della popolazione palestinese è segnato: chi sopravvive sarà costretto in campi profughi, in condizioni disperate, sotto il controllo di una potenza che ne decide arbitrariamente la vita o la morte.

Questo sterminio programmato non è iniziato oggi. È il risultato di decenni di occupazione, colonizzazione, apartheid. Ma ora ha raggiunto il punto di non ritorno.

Il mondo si sta spegnendo

Quello che accade a Gaza è il simbolo più feroce della distopia in cui stiamo sprofondando. Un mondo dove il più forte può distruggere intere popolazioni senza conseguenze. Dove la propaganda conta più dei corpi massacrati. Dove chi denuncia il genocidio viene censurato o criminalizzato. Dove l’idea stessa di giustizia si sgretola sotto il peso della complicità e dell’indifferenza.

Quando tutto sarà finito – perché finirà, in un modo o nell’altro – cosa resterà? Un deserto di rovine e fosse comuni. Un Medio Oriente ancora più infiammato dall’odio. Un Occidente senza più credibilità morale. E una generazione che guarderà indietro, chiedendosi come sia stato possibile che, ancora una volta, il mondo abbia assistito a un genocidio senza muovere un dito.

Non siamo solo spettatori. Siamo complici.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *