L’uso del termine remigrazione da parte dell’estrema destra non è altro che una truffa linguistica per mascherare un progetto di pulizia etnica soft. Dietro questa parola apparentemente tecnica si cela una strategia politica chiara: espellere stranieri, cittadini naturalizzati e persino persone nate in Europa ma con origini non “pure”, ridefinendo il concetto stesso di cittadinanza in chiave etnico-nazionalista.

Non siamo di fronte a una banale politica migratoria, ma a una ideologia suprematista che rifiuta il principio di uguaglianza tra gli esseri umani e punta a costruire società chiuse, omogenee, rigidamente segregate. Un’idea che puzza di anni ‘30, ma che oggi viene rilanciata da movimenti come l’AfD in Germania e le destre radicali italiane e francesi, con un linguaggio ipocrita e studiato per risultare accettabile alle masse. Chi oggi dice “Non vogliamo deportare nessuno, vogliamo solo che se ne vadano”, sta preparando il terreno per discriminazioni sistematiche che porteranno inevitabilmente a misure coercitive sempre più dure: ritiro della cittadinanza, espulsioni di massa, repressione del dissenso.

Se il concetto di remigrazione dovesse trasformarsi in prassi politica, l’Europa potrebbe ritrovarsi in uno scenario da incubo, con conseguenze devastanti:

Cacciata di massa ed esclusione sociale. Milioni di persone nate e cresciute in Europa si troverebbero senza cittadinanza, senza diritti, senza futuro, trattate come corpi estranei da espellere con qualsiasi mezzo.

Crollo della democrazia. Una società che discrimina su base etnica non può restare democratica. La remigrazione richiede uno Stato di polizia, capace di controllare, schedare e reprimere chiunque non rientri nei criteri di “purezza”.

Disordini e guerre civili. Costringere milioni di persone all’esodo non avverrebbe senza conseguenze: proteste, rivolte, violenze. La storia ha già dimostrato cosa succede quando si cerca di espellere intere comunità.

La remigrazione non è una proposta politica: è un crimine in fase di preparazione. È l’anticamera di un disastro umano e sociale che deve essere smascherato e combattuto con ogni mezzo democratico prima che sia troppo tardi.

L’ascesa del concetto di remigrazione non è solo un segnale della crescita dell’estrema destra, ma un campanello d’allarme per l’intera democrazia europea. Accettare questa retorica significa aprire la porta a una nuova stagione di discriminazioni sistematiche, repressione e violazioni dei diritti umani.

La storia ha già mostrato dove portano politiche di esclusione su base etnica: chi oggi parla di remigrazione sta preparando il terreno per un futuro di segregazione, repressione e, nel peggiore dei casi, di deportazioni di massa. Se non si interviene ora per fermare questa deriva, il prezzo da pagare sarà altissimo.

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